Come intrusi nelle stanze d’infanzia

di Ilaria Giaccone

«Ex Camera», la personale di Franco Cenci a cura di Michela Becchis presso 28 Piazza di Pietra Fine Art Gallery, a Roma. Venerdì 8, finissage con un reading teatrale

Ri-entrare nella nostra camera di bambini, ripensare alla carta da parati o all’odore di un mobile, a quel che si vedeva dalla finestra ma anche a quello che era appeso al muro. È Ex Camera – a cura di Michela Becchis, in mostra a Roma, 28 Piazza di Pietra Fine Art Gallery, fino al 10 novembre – un progetto iniziato da Franco Cenci nel 2013, quando l’artista inizia a raccogliere le interviste con amici e conoscenti. Una serie di domande sulla stanza vissuta da ragazzi, sul gioco-feticcio mai dimenticato e anzi, magari in altra forma, tuttora presente nelle nostre esistenze, sui suoni di animali che ci erano vicini o sugli arredi che, ingigantiti dal tempo, sono rimasti impressi nella memoria. Cenci con naturalezza chiede e ottiene risposte: hanno tutte una portata emotiva intensa che si traduce in opere evocative. Alcune mappe sono luoghi letterari (degli enfants terribles di Cocteau o di Kafka). Ci si perde immaginando la vita di una Palermo degli anni ’50, o quella a Praga negli anni ’20 piuttosto che a Teheran negli anni ’80. Un lavoro certosino, di intaglio precisissimo, di collage e stencil ricostruisce – inserendo anche elementi di fantasia – le stanze di Fausto a Palermo, di Antonio a Rio de Janeiro, di Helia a Teheran o di Gregor (Samsa) a Praga. E noi entriamo scoprendo molto dei loro abitanti.
L’autore dissemina la stanza di Fausto con soldatini di cowboys e indiani che spuntano persino da un cassetto della scrivania mentre dalla finestra si intravede la Cuba di Villa Sperlinga. Antonio ha rievocato la sua infanzia a Rio de Janeiro. C’era una porta a vetri, a fasce rosse e verdi, che ancora incide sul suo modo – da artista – di vedere il mondo. Nella camera iraniana di Helia il blu e l’azzurro delle maioliche persiane ritornano nei tappeti e sul letto ma la finestra si apre su un angosciante panorama di guerra. Quella di Gregor Samsa è descritta all’inizio del romanzo: il campionario delle stoffe su un tavolino, il ritratto della signora col boa di struzzo appeso con una piccola cornice dorata. Quasi ovunque, in ogni camera, sono presenti uccellini – canarini, cinciallegre, pappagalli – presenze irrinunciabili nel lavoro di Cenci: appoggiati a volte a un bicchiere o alla testiera del letto o su un cassettone, sono piccole macchioline verdi, leggere.
Al piano inferiore è riproposto un lavoro del 2005. Un giorno Svetlana/Gloria si sveglia e la sua vita cambia radicalmente. Lascia Pryp’jat e Chernobyl, arrivano il buio e la paura, di colpo è in una nuova città e poi è in Italia. Racconta, ricorda e una bambina trascrive: la mucca, le feste, il cibo, le amiche, la vita semplice e felice e poi quel mattino del 26 aprile del 1986 in cui tutto era fermo e silenzioso. Venerdì 8, dalle ore 19, in occasione del finissage della mostra, un reading ci riporterà in quei giorni, attraverso il diario di Gloria e la performance di Anna Dall’Olio.

Il manifesto, 05-11-2019

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